Il 5 luglio 2023 ci ha lasciatə Walkiria Terradura, partigiana, comandante della squadra "Settebello", V Brigata Garibaldi Pesaro, medaglia d'argento al Valor Militare.
A lei è dedicata una voce biografica del nostro #leviedelledonnemarchigiane: non solo toponomastica (ODG Edizioni, 2017) scritta da Francesco Rocchetti, attualmente presidente dell'ANPI provinciale di Macerata.
Quando #leviedelledonnemarchigiane uscì Walkiria Terradura e Egidia Coccia, partigiana ascolana, erano vive: a loro chiedemmo il permesso di inserire il racconto delle loro vite tra le voci biografiche del libro.
Entrambe dissero sì con entusiasmo.
A loro dedicammo uno spazio intitolato "Ragazze resistenti" nella convinzione che il racconto biografico sia dell'esperienza di Egidia Coccia sia di Walkiria Terradura potesse contribuire ad aggiungere ulteriori tasselli al lavoro di ricerca storica ancora tutto da fare sulla partecipazione attiva delle donne alla lotta di Liberazione.
Nel tempo molto è stato fatto: Riconoscersi partigiane e partigiani. Costruzione di un'appartenenza di Chiara Donati e Marco Biancucci (ODG Edizioni, 2022) ne è la dimostrazione ma noi continueremo a raccontare la storia di Walkiria Terradura, una storia di lotta, di impegno, di coraggio, una storia di resistenza e di libertà perché crediamo che da storie come questa si possa trarre ispirazione per costruire una società sempre più giusta e inclusiva.
E la storia che racconteremo farà pressapoco così:
Comandante partigiano del Gruppo Settebello, sottogruppo del Distaccamento Panichi del V Battaglione della V Brigata Garibaldi Pesaro. Medaglia d’argento al valor militare.
La formazione antifascista si deve alla famiglia e in particolare al padre Gustavo, attivo presso il foro di Perugia e arrestato diverse volte fino alla caduta del fascismo. Considerata sospetta fin dal liceo, più volte viene interrogata in questura per la diffusione di contenuti ascoltati da Radio Londra e le sue esternazioni contro la dittatura. Sotto l’occupazione tedesca, in una notte nevosa di gennaio, riesce a mettere in salvo il padre dalla cattura dell’Opera vigilanza repressione antifascismo (OVRA) facendolo nascondere nella soffitta dell’edificio in cui vivono, attaccato al palazzo dei Duchi di Urbino a Gubbio; scappa quindi in montagna insieme al padre e si unisce alla banda guidata dal comunista libertario di Cagli Samuele Panichi, da migrante attivo a ridosso della Prima guerra mondiale nelle rivolte dei minatori in Pennsyvania (Usa).
Sull’Appennino umbro-marchigiano, fra i monti del Burano, diviene capo di una banda di partigiani, detta il Settebello, composta da sei uomini che la nominarono loro guida dandole in dono «una pistola belga di medio calibro» piuttosto che dei fiori, perché ormai si era «fuori da queste regole di galateo, e del resto, in questa stagione è impossibile trovarne». La banda si distinse nel far saltare ponti (grazie anche alla presenza dell’ex militare e guastatore
Valentino Guerra) per contrastare i movimenti tedeschi e operò con azioni a Burano, Caibelli, Apecchio, Cagli, San Polo, Secchiano, Pianello, Scalocchio, Veia, San Fiordo, Palcano, Pietralunga, Umbertine, Assisi, Gubbio, Monte Subasio, Cantiano. Su di lei, che il compagno di lotta Ferriero Corbucci descrive nei propri ricordi «con un mitra stretto tra le mani» e «col berretto garibaldino sulla testa, da cui uscivano ciocche bionde e lunghe di capelli che il vento muoveva, allargava e sollevava come per gioco», pendevano otto mandati di arresto, ma non riuscirono a catturarla pur essendoci andati vicini più volte.
Fra le compagne d’armi nelle stesse zone di combattimento si segnalano Rosalussimburg (Rosina) Panichi, Lionella (Furia) Terradura, Iole di San Marino e la sorella di un partigiano di Mercatello di nome Rita, di appena 16 anni, «cui toccò in sorte un moschetto modello 91 che quando aveva la baionetta innestata era alto quanto lei».
Con il passaggio del fronte conobbe Alphonse Thiele, un capitano americano dell’Office Strategic Service, con cui si sposa e si trasferisce in America, dalla relazione nascono Serenella ed Erich. Posta sotto l’attenzione poliziesca del maccartismo, decide di tornare in Italia dove continua il suo attivismo politico nel Pci e soprattutto dell’ANPI di cui fa parte a lungo degli organismi di dirigenza nazionale. Ha scritto numerosi articoli sull’esperienza partigiana, arricchendo le fonti storiografiche con lo straordinario punto di vista di donna combattente.
Alla fine della guerra viene nominata sottotenente e, con decreto presidenziale del 26 giugno 1970, riceve la medaglia d’argento al valor militare per attività partigiana con la seguente motivazione: «Donna dotata di forte e generoso animo, entrava, malgrado la giovane età nelle formazioni partigiane della sua zona portandovi entusiasmo e fede. In lunghi mesi di lotta partecipava a numerose azioni contro il dotato avversario, mettendo in luce non comuni doti di coraggio e di iniziativa. Dopo essere riuscita con la squadra da lei comandata a fare saltare un ponte stradale, accortasi del sopraggiungere di un reparto avversario, incurante della grande sproporzione delle forze, attaccava con bombe a mano, di sorpresa, con un solo gregario l’avversario, infliggendogli dure perdite, ponendolo in fuga, recuperando altresì gli automezzi e le armi abbandonate. Valido esempio di determinazione, coraggio e alto spirito patriottico. Marche, 4 ottobre 1943-27 agosto 1944».
(a cura di Francesco Rocchetti, in S. Alessandrini Calisti, S. Casilio, N. Contigiani, L. Guerrieri, #leviedelledonnemarchigiane: non solo toponomastica, ODG Edizioni, Macerata, 2017, pp. 182-185)